La natura è ancora a riposo, ma le giornate, lentamente aggiungono minuti di luce.
Il primo giorno libero dopo una full immersion di lavoro ci premia con un sole già tiepido e un cielo azzurrissimo. Ci sarebbe da andare in montagna con la neve fresca e le ciaspole ai piedi. I vincoli di questo periodo folle ci obbligano a restare in città.
E allora, che orto sia!
Stivaloni ai piedi e zappa alla mano, attacchiamo il nostro pezzetto di terra. È ancora un po’ umido, ma non avremo giorni liberi a breve e il rischio di ghiacciate incombe. Così mi metto a rivoltare zolle e, di tanto in tanto, liberarmi le suole degli stivali da qualche chilo di terra appiccicata.
Alla fine di un’oretta di lavoro, tutti i lotti sono belli rivoltati e concimati – usiamo la cornunghia, concime naturale trovato al nostro vivaio di fiducia, in attesa che la compostiera finisca di maturare il nostro compost (a proposito, la cura continua durante gli utlimi mesi, l’attento bilanciamento dei componenti, gli scarti di verdura e frutta buoni, il mescolare regolarmente e un po’ di attivatore di compostaggio lo stanno rendendo magnifico!).
La terra ha un altro mesetto di riposo per inumidirsi di nebbia, di brina o di pioggia, magari anche di neve, prima di procedere alle prime semine.
Nel frattempo, A. finisce di sistemare la siepe che borda il fondo dell’orto e crea un bello spazio da destinare, in un prossimo futuro, a due sedie all’ombra.
E pianta il nostro nocciolo, preso sempre con il progetto Radici per il futuro.
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