SARS-CoV-2. COVID19. Coronavirus. Polmonite interstiziale. Tamponi
orofaringei. Test sierologici. Idrossiclorochina. Remdesivir. Vaccini.
Lockdown. Quarantena.
Parole balzate nel quotidiano, all’improvviso.
Quest’essere minuscolo, non vivo, non morto, che ha bisogno di un essere vivente per esistere a sua volta.
Che, incidentalmente, ci ha scelto come ospite prediletto.
Cosa mi ha lasciato in eredità, questo “virus”, questo “veleno”?
Un bagaglio di valori solidi.
Una panda bianca.
E un orto.
Qualche metro quadro di terra a cavallo della tangenziale, dove l’aria si apre verso la campagna.
Dove
lui spendeva i pomeriggi estivi sotto il sole rovente. A mettere le
mani nella terra, a nutrirla d’acqua e affetto. A raccogliere, poi, i
frutti di quella cura.
Mi piace mettere le mani nella terra.
Sul balcone di casa ho sempre tenuto fiori, menta, piante aromatiche. Verde, colori, profumi.
Non avevo idea di come si facesse un orto.
Ma non mi ha mai spaventato rimboccarmi le maniche, e non solo in senso figurato.
C’era
quel pezzo di terra, di caldo e zanzare. Quello che era stato del
nonno, prima ancora. Quel pezzo di campagna in città, nostro, da
ventisei anni o giù di lì. Bisognava continuare.
Serviva, ancor più
che per raccogliere frutti, per averlo vicino. Per dare un senso, un
domani anche a lei, mia mamma, che lo aveva perso proprio nel loro
cinquantesimo di vita insieme.
Per dare un senso a me, in fondo.
Era un’idea che mi frullava in testa da qualche anno. Ogni primavera gli dicevo: vengo con te a imparare, dai.
Ma poi la vita, la vita impegnata, sempre altro da fare.
Scuse. Scuse infrante da un minuscolo veleno.
E quindi, ci ritroviamo con questo orto per le mani.
Nel
mondo dell’informazione facile, con un certo background di letture, lo
ammetto, inizio a capire quel che si deve fare. Tu la mente, io il
manovale, ripete mia mamma con un mezzo sorriso.
Sabato mattina, metà maggio. Un po’ in ritardo rispetto ai vicini di recinto.
Letti
di semina vuoti, ad eccezione di una bordura di fragoline rosse e
gustosissime, cipollotti intensi e piselli già pronti da cogliere. I
suoi regali per un buon inizio.
Via, si parte.
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